Complimenti a Mark Cavendish!
Dopo Tony Martin, vincitore a cronometro, il ciclismo ha un nuovo campione anche su strada. Il fuoriclasse dell’isola di Man è riuscito a imporsi in vero e proprio mondiale per velocisti.
Analizziamo la corsa con i miei amici di www.Velobike.it, Giacomo Vezzani e Roberto Sardelli
Ecco un estratto da www.Velobike.it, a firma di Giacomo Vezzani.
Zolder 2002. In quell’occasione a vincere fu un certo Mario Cipollini, il re degli sprinter dell’epoca, davanti a Robby Mc Ewen e Erik Zabel. Quest’anno a Copenaghen si ripete un mondiale per Velocisti, anche se lo strapetto finale poteva essere un insidia non indifferente per gli sprinter puri. Non ci sono quei nomi che elencavamo prima, ma tanti altri grandi Big che stanno caratterizzando l’epoca moderna. Il vincitore è stato il Cannibale degli Sprint Mark Cavendish. Al secondo posto il vincitore della Milano-Sanremo, l’australiano Mattew Goss. Terza piazza per il tedesco Andrey Greipel.
MARK “BARONETTO” CAVENDISH – Inizia la sua avventura nel 2007, nella vecchia T-Mobile, e raccoglie subito un successo stagionale. Si percepì immediatamente che sarebbe nato un fenomeno quando due anni dopo, l’inglese va a vincere le prime tappe al Giro d’Italia. Successivamente va a vincere la Milano-Sanremo con una rimonta impressionante su Haussler. Dopo un annata un po difficile è riuscito a ritrovare la vittoria al Tour de France e a vincere la Pre Olimpica davanti al nostro Sacha Modolo. Quest’oggi ha fatto l’impossibile. dopo essere stato tutto il giorno a ruota dei propri compagni negli ultimi 500 metri si è trovato da solo e dopo essere stato chiuso fra Oss e Goss, è riuscito a uscire con una sparata delle sue, imponendo una volata di 150 metri (in salita). Sembrava di rivedere l’arrivo del Tour quando vinse davanti a Philippe Gilbert. Con la corsa di oggi si è confermata una star. Appuntamento quindi ai Campionati Olimpionici di Londra 2012.
Ma cosa succede al ciclismo italiano? Ad analizzare la situazione Roberto Sardelli, in un estratto sempre da www.velobike.it, il progetto editoriale di cui sono Coordinatore Editoriale
Difficile, ma forse anche di cattivo gusto soffermarci su un’analisi troppo soggettiva del caso, dopo aver vissuto a caldo, una delusione così cocente. Meglio allora attenerci ai fatti e a quelli che alla fine sono stati gli scarsi risultati acquisiti. Se il migliore degli azzurri, quello sul quale si erano concentrate le ambizioni, ha rimediato soltanto un 14° posto, qualcosa dovrà pur significare. Relegando al ruolo di riserve gente come Manuel Belletti e Oscar Gatto – sprinter con caratteristiche che si adattavano abbastanza a un rettilineo finale particolarmente impegnativo – è stato forse perchè il cittì aveva pensato di lavorare in prospettiva di un treno che potesse pilotare al meglio allo sprint, il capitano designato. Daniele Bennati non è però uno dei massimi temerari, quando si tratta di uscire e di prendere dei rischi in volata. E, alla fine, il treno non c’è stato. O quanto meno, non è riuscito. Negli ultimi 2.500 metri le maglie azzurre si sono dileguate. Non si è capito poi, quanto a punte alternative, quali fossero i ruoli effettivi di gente come Sacha Modolo o Elia Viviani. A caldo, ai microfoni RAI, entrambi hanno lasciato intendere di avere vissuto circostanze non certo ottimali. Modolo ha affermato che si è voltato per vedere dove fosse Bennati, dando l’idea che una volta insieme nelle ultime fasi, si sarebbe dovuto lavorare esclusivamente per il corridore aretino. Viviani invece, ha liquidato l’intervistatrice con un rendiconto del tutto personale, spiegando che in fondo l’esperienza era per lui comunque positiva (considerata la sua giovane età) e che eventuali responsabilità erano da cercare altrove. Alla faccia della Nazionale unita! (Argentin ha poi commentato che questa unità era rimasta forse, intorno al tavolo dell’hotel. Dove tutti insieme prima della gara, gli azzurri avevano consumato la prima colazione…). Nel ciclismo e in particolare in una gara in linea, sostenere che la condotta di gara è stata perfetta sino agli ultimi tre chilometri, equivale a sostenere il nulla. Il risultato è fissato solo ed esclusivamente sotto lo striscione d’arrivo. Tutto quello che avviene prima è finalizzato a quel momento. È la raccolta effettiva a dare lustro al lavoro svolto preventivamente. Tutto il resto sono chiacchiere. L’ordine d’arrivo parla chiaro. Se doveva esserci un’azione sullo stile di Zolder 2002, di quell’azione a Copenaghen non si è visto nemmeno un flash.
Giusto allora, sempre in un contesto oggettivo, porsi le opportune domande che, risultati alla mano, non possono essere trascurate. Perchè il ciclismo anglofono va raccogliendo sempre più successi (i primi due posti del podio di Copenaghen, il Tour di Cadel Evans, la Sanremo di Goss)? Perchè la nostra Federciclismo si è impegnata così frettolosamente a relegare in una sorta di seconda categoria atleti del calibro di Petacchi e Ballan (ai quali sarà preclusa per sempre la maglia azzurra, come pure a Basso e a Scarponi)? Non hanno forse questi corridori già scontato una pena per le loro colpe pregresse? Siamo sicuri che un Petacchi motivato non poteva essere di valido aiuto per classe ed esperienza su un percorso che in fondo, al di là delle giuste critiche, non era poi così diverso da quello di Zolder che ci regalò le maglie iridate di Cipollini e di Chicchi? Sicuri che le politiche giovanili attuate dalla nostra Federazione siano le migliori? Sicuri che i corridori che passano al professionismo siano puri da peccati? Quale politica preventiva viene applicata verso le categorie minori, a livello antidoping? E quali politiche di marketing sta svolgendo la Federciclismo? Perchè nessuno sponsor freme dalla voglia di avvicinarsi al ciclismo?
Domande che, alla luce dei risultati, riassumono una realtà drammatica. Due sole squadre “World Tour” sono troppo poche per una nazione come la nostra che rappresenta la storia del ciclismo. Forse è giunta davvero l’ora di voltare pagina. Sono tre anni che non vinciamo più una gara in linea. In virtù di chissà quale logica, stiamo drammaticamente gettando alle ortiche la dignità di persone, non assistite da nessuna forma di sacrosanto garantismo. Certezza della pena per certezza della colpa. Un’equazione incontestabile.
Ma il caso Pellizotti ancora aperto, grida giustizia. Non è con sentenze spicciole e sommarie che si crea il futuro di uno sport. Toccherà soprattutto al Presidente Di Rocco, rimettere in linea i vagoni di quel treno che oggi, nel momento più importante della corsa, hanno dato l’impressione di andare alla deriva. Riportandoli sul binario giusto. Rimettendo i corridori e non la politica, al centro delle sue attenzioni.
Mark Cavendish
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Bravo Cavendish!
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