Ho sempre messo e preso le distanze in sala stampa dagli allenatori che si sono avvicendati sulla panchina del Pisa da quando scrivo professionalmente. Con Gattuso però è stata tutta un’altra storia. Si è creato un bel rapporto, a volte anche turbolento, ma sempre sincero. Gattuso è forse una delle figure del calcio più vere che abbia mai incontrato. Non è stato facile salutare il mister ieri. Sicuramente non lo dimenticherò. E’ per questo che oggi voglio ricordare e condividere alcuni momenti che porterò nel cuore a lungo.
5) IL RITORNO A SETTEMBRE
E’ il 2 settembre e Gattuso sta dirigendo un allenamento di fronte a 6000 persone. A bordo campo ci siamo anche noi giornalisti. Mi intrattengo a parlare con Lisuzzo e gli faccio una battuta: “Certo in questi 3 anni hai vissuto il bignami di una carriera, le hai viste davvero tutte eh”. Andrea ride. Poi arriva Gattuso e parla ai tifosi: E’ un tripudio. Rino (fin dal primo giorno ha sempre voluto che gli dessimo del tu) arriva da noi e ci saluta. Io non ce la faccio e devo stemperare ancora la tensione con un’altra battuta: “Bene, adesso mi raccomando dimettiti un’altra volta”. Risate, pacche sulle spalle e mi parte mezzo polmone. Lui è grande e grosso, mentre io, se si alza un po’ di vento, decollo.
4) PISA-NOVARA
La mia mente si sposta a Pisa-Novara. Siamo a Empoli, c’è tantissima gente. Un tale chiasso da non riuscire a comunicare neanche a un metro di distanza. Manca poco meno di un’ora al fischio di inizio, entro 10 minuti ho il primo collegamento con la radio e mi sale il panico perché non ho ancora le formazioni. Inoltre ho già mandato a quel paese un collega di Novara che faceva lo spiritoso. Nel frattempo arrivano le formazioni e non riesco a ritrovare la lucidità. Guardo i nomi e la mia mente non produce uno schema di gioco. Mi folgorano un sacco di domande: Oddio, ma come giocheremo? Con la difesa a tre o a quattro? 3-4-3? 4-3-3 o 4-4-2? Ha gli uomini per fare tutti questi schemi, ma quale sarà quello giusto? In tribuna nel frattempo arrivano Lucchesi e Gattuso. Rino entra nel gabbiotto da dove seguirà la partita, Lucchesi è sudato e si intrattiene a scherzare con alcuni collaboratori. Nel frattempo vado avanti e indietro dalla tribuna nervosamente guardando le formazioni. Lucchesi mi fa: “Bufalino come mai così nervoso?” Completamente in balia degli eventi mi scappa la verità senza filtro: “Sono confuso dalle formazioni, non riesco a capire come giocheremo, stavo pensando che potrebbe usare il 4-4-2”. Lucchesi fa anche una battuta: “Te lo dico io, giocano in 11”. Accuso il colpo. Rino sente tutto e mi fa: “Se pensi che uso il 4-4-2 devi cambiare mestiere”. Gli rispondo: “Perfetto, me la sono cercata”. Ci scambiamo un altro paio di battute, mi fa capire che giocherà con la difesa a 3 e mi saluta. Senza contare che poche settimane dopo avrebbe usato proprio il 4-4-2. Chapeau. Intanto io mi riprendo, la partita inizia, segna Lisuzzo e nel finale c’è il miracolo di Cardelli. Alla fine della gara tra giornalisti ci abbracciamo davanti all’entrata della tribuna stampa. Non passano neanche cinque secondi che esce Gattuso e ci travolte abbracciando tutti: me, Luca Laganà, Chiavacci, Lucchesi, Silvestri etc. Un momento bellissimo.
3 ) DUE TELEFONATE
Tra i tanti momenti col mister voglio ricordare un paio di telefonate significative, pur senza rendere noti contenuti e confidenze reciproche per rispetto e privacy. La prima arrivò a seguito di un articolo pubblicato lo scorso autunno, dopo che avevo reso nota una informazione. Ricevo una telefonata da un numero sconosciuto. Rispondo e una voce mi dice: “Il mister vorrebbe parlarti” Dentro di me inizialmente raggelo, avevo capito subito il problema. E’ Rino, diciamo che non era contentissimo di quell’articolo, ma voleva dirmelo in faccia. Ci confrontammo e dopo una breve discussione di qualche minuto fu tutto chiarito. E’ anche questo che fa di Gattuso un grande uomo. Non ti parla alle spalle, se ha qualcosa da dire, te la dice in faccia, ti rispetta e chiarisce. Una qualità rara, che non a tutti può piacere, ma che per quanto mi riguarda apprezzo sempre, nel bene e nel male. La seconda telefonata che voglio ricordare avviene a dicembre. I Petroni sono appena tornati sui loro passi e si sono sottratti all’accordo con i Corrado. Il futuro del Pisa è in bilico e mi viene spontaneo mandare un vocale whatsapp al mister. Nel frattempo si sono fatte le 21 e sto tornando a casa in macchina. Squilla il telefono, è proprio Gattuso. Accosto e rispondo al mister che ci tiene a ringraziarmi e salutarmi, sperando per il meglio nonostante tutto quello che stava succedendo. Parliamo per una ventina di minuti ed è stata una delle prime occasioni di conoscere in maniera più intima il mister, scoprendo anche dei lati sensibili dell’uomo Gattuso.
2) IL CAPODANNO PISANO
Il 24 marzo ho avuto l’onore di condurre insieme a Mariachiara De Neri la serata di gala del capodanno pisano con la grande organizzazione di Antonio Gentilini e Antonio Veronese. Una serata da ricordare perché c’erano anche Gattuso e il presidente Corrado. Ho detto tanto su questa serata già a suo tempo, posso solo ribadire i grandi ringraziamenti per i due Antonio e per Mariachiara. Sono state ore intense e appaganti professionalmente e umanamente. Non le dimenticherò.
1) LA CENA
Siamo in pieno agosto e, giornalisticamente parlando, sta diventando sempre più difficile star dietro alla battaglia di comunicati e alla lotta per in controllo della società che ruota intorno al Pisa. Il rapporto tra alcuni di noi si solidifica. Si crea una incredibile alchimia tra 6 elementi della sala stampa che apparentemente non hanno niente in comune. Siamo io, la mia sorella maggiore spirituale della sala stampa Aurora Maltinti, il blogger Gabriele Bianchi, con cui soprattutto nell’ultimo anno e mezzo ho coltivato un grande rapporto, il genuino e sanguigno Andrea Chiavacci e i suoi vocali di 9 minuti su whatsapp, Simone Del Moro che ho conosciuto e imparato ad apprezzare anche fuori dalla sala stampa, oltre alla new entry Chiara Ciurlia, una mina vagante tutta pepe. Tra queste sei persone c’è in realtà una cosa che accomuna tutti: ci diciamo sempre tutto in faccia, anche a costo di mandarci pesantemente a quel paese. E’ così che, prima in maniera scherzosa, poi sempre più seriamente, dopo che Gabriele aveva atteso Gattuso di ritorno da una trasferta in piena notte, è maturata l’idea comune di invitarlo a cena in un contesto del tutto diverso da quello della sala stampa. Dopo alcuni mesi di gestazione e organizzazione non è più solo un’ipotesi. La cena alla fine si fa da Poldino, è il 23 febbraio. E’ una serata bellissima, in compagnia del mister fino alle 3 del mattino. Dovevamo offrirgli la cena, ma alla fine ce l’ha offerta lui. Battute, racconti e confidenze intime che porteremo tutti nella tomba, risate. Tante. Andrea è rapito dalle parole di Rino, pare un apostolo alla seconda venuta del Messia. Gabriele a volte si ferma, con le braccia incrociate accanto a lui, ad assaporare quei momenti e a nascondere tra le pieghe della barba tanti sorrisi. Simone se la gode fino all’ultimo istante. Io sono davanti al mister, lo sommergo di domande, dico tante stronzate. Li faccio ridere, sono bravo in questo, a volte mi aiuta a rompere la tensione, a fissare nella mente le cose belle o i momenti in cui mi trovo in difficoltà. A destra tranquillizzo una Aurora finalmente rilassata che fino a 5 minuti prima di entrare era assalita dall’ansia. A sinistra c’è Chiara, delle 15 bottiglie di Bolgheri, almeno 3 se l’è scolate tutta da sola ed è spaccata ammerda. Alla fine Rino si è divertito forse più lui di noi, ha apprezzato tutto di quella magica serata. Ci sono anche Piero e Riccardo, la soddisfazione è che si sono sbottonati anche loro. C’è una sola parola per definire la cena del 23 febbraio: Indimenticabile. L’indomani ci alziamo con poche ore di sonno, completamente rincoglioniti a lavorare. Ma ne è valsa la pena. Non ci sono foto di quella serata, non ce n’è stato bisogno.
MOMENTO BONUS: IL CONGEDO IN CONFERENZA STAMPA
E poi, d’improvviso, il saluto. Fino a ieri era un momento che sarei stato sicuro di voler dimenticare. Oggi lo voglio portare dentro di me. Lacrime per un paio di colleghi. lacrime, lo ammetto, anche per me. Sentirgli dire, guardandoci negli occhi singolarmente queste parole, è stato tanto bello quanto doloroso: “io vi ringrazio per la pazienza che avete portato, so di essere stato spigoloso, ragiono di pancia, certe volte c’è stato qualcosa da ridire con voi, ma mi avete trattato con rispetto. Scusatemi, son fatto così. Devo dire che qui ho trovato una famiglia, che porterò dentro di me come porterò anche i tifosi e i giocatori.”