Si torna a parlare di bici truccate. Pochi giorni fa, a Bedizzole, un ciclista è stato scoperto con una bici a motore ad una gara amatoriale del Csi ma aperta agli enti sportivi.
La frode sportiva è emersa in seguito all’utilizzo di particolari scanner, in uso da qualche stagione anche nelle gare dei professionisti che rileva le differenze termiche nel telaio. I giudici hanno invitato il cicloamatore a consentire l’intervento di un meccanico per verificare la presenza del motorino con lo smontaggio parziale della bici: Alessandro Andreoli, così si chiama il ciclista, era arrivato terzo e i primi cinque corridori al traguardo sono stati controllati. Ha ammesso la sua colpa prima di un nuovo controllo.
E’ intervenuta sull’argomento anche la Gazzetta dello Sport, prima con un lungo articolo sul giornale, e oggi anche nella sua versione Web con un ulteriore approfondimento. Di seguito i due articoli:
1 agosto, La Gazzetta dello Sport, a cura di Claudio Ghisalberti:
Un tarocco. Un clamoroso falso. La bici con il motorino usata da Alessandro Andreoli, il 53enne piastrellista bresciano beccato sabato nella gara di cicloamatori a Bedizzole, nel Bresciano, non è una Argon 18 originale. Le forme del telaio, del carro posteriore (più robusto) e lo sterzo non integrato avevano già destato dei forti sospetti appena accaduto il fatto. Ieri sera la conferma dell’azienda canadese che, tra l’altro, è sponsor dell’Astana di Fabio Aru. La mail inviata dalla Casa madre di Montreal è chiarissima: “Il produttore canadese di bici di alta gamma Argon 18 nega qualsiasi forma di coinvolgimento nel presunto caso di doping meccanico sabato a Bedizzole. Dopo l’analisi dell’immagine pubblicata sulla Gazzetta dello Sport l’azienda può affermare con sicurezza che il telaio coinvolto non è un Argon 18 originale, anche se gli sono state messe le grafiche per somigliargli”. reputazione La mail prosegue con una dichiarazione di Gervais Rioux, presidente e fondatore della società: “Argon 18 è un’azienda mondiale con una storia orgogliosa. Lavoriamo ogni giorno per produrre prodotti di qualità che vengono venduti in tutto il pianeta. Siamo un’azienda fondata sul fair play e sviluppiamo i nostri prodotti in base a questo principio”. L’azienda sottolinea il rifiuto a mezzi per ottenere vantaggi illeciti e afferma la volontà di adottare qualsiasi azione legale necessaria per salvaguardarne la reputazione.
STRADE — Andreoli aveva detto di avere comprato la famosa bici da uno sconosciuto, di cui non ricorda né nome, né telefono, incontrato in Versilia. In effetti la Toscana, e soprattutto la Versilia, è una zona calda. Lì ha la base un ex tesserato che ha preferito occuparsi di questo business piuttosto che restare legato all’ambiente professionistico. Diciamo che può essere considerato una specie di rappresentante dell’ingegnere ungherese inventore del marchingegno. Ma come si trova sul mercato italiano una bici con il motorino? Le vie di approvvigionamento sono tre. Più una. Le tre girano attorno a un’azienda, del Nord Italia, che produce nell’Est Europa. Non si tratta però della Carrera. Davide Boifava ha smesso già da tempo la produzione: “Noi avevamo iniziato a inserire i motorini per dare una mano a chi non ce la fa, ma si vuole ancora divertire con la bici: chi è anziano, chi non può fare determinati sforzi, chi ha problemi di salute… Invece l’uso dei motorini ha preso tutta un’altra piega, è andato in una direzione che a me non piace e non condivido. Nonostante il forte investimento economico fatto, abbiamo preferito lasciar perdere”.UNO — Ma torniamo alle vie di approvvigionamento. La prima è quella ufficiale. Sul mercato ci sono bici da corsa di un noto marchio con l’apparecchio nascosto all’interno. Sono del tutto lecite da utilizzare. Ovviamente non in gara e con il motore che rientra, per potenza, nei limiti del Codice della strada. Viceversa sarebbe un ciclomotore con specifici vincoli: targa e casco (da moto).DUE — La seconda via è quella di adattare la bici propria. Bisogna tagliare il telaio, isolare il movimento centrale, ricrearlo ad hoc e rimetterlo insieme. Procedimento complicato – visto che si lavora il carbonio – e molto costoso che, se non eseguito alla perfezione, porta alla rottura improvvisa del telaio. E’ la strada meno seguita.TRE — La terza via è quella che attira il maggior numero di clienti. Il cliente sceglie la marca di bici e il modello di telaio: l’azienda fornitrice non compra l’originale, ma si rivolge al mercato cinese per l’acquisto di un falso, più o meno simile all’originale, però già prodotto con gli accorgimenti per l’alloggiamento del motore. In alcuni casi, quando si parlava di ispezioni alle corse con una mini sonda infilata nel tubo piantone, il telaio aveva all’interno una camera nascosta che “invitava” la sonda a entrare, evitando così che la telecamera vedesse l’imbroglio.QUATTRO — L’ultimo sistema è quello delle bici rubate. Telai originali di alta o altissima gamma che, per la provenienza illecita, hanno un costo molto basso. Poi basta fargli il “lavoretto”. Fatto sta che quella che a molti sembrava una stupidata ha tolto il velo su un mondo sommerso, che pedala ben oltre la legalità. Bedizzole è stato solo il punto di partenza. Ora l’attenzione si sposterà su un’area con risvolti penali. Probabile che si muova la magistratura ordinaria. Ma anche nelle corse pro’ qualcosa potrebbe cambiare: più che le telecamere termiche, buone per il doping meccanico di prima generazione come quello nel Bresciano, servono tecnologie più sofisticate, che controllino gli hertz, le frequenze.
La bici dopata: riassunto delle puntate precedenti
Dal 2010 a oggi (2016) si è parlato tanto di bici truccate. Ho continuato, seppur con un minore impegno a seguire la vicenda. Ecco alcuni interessanti spunti che trovate sul blog:
2010-11: Come è iniziato tutto
2012: abolito e reintrodotto lo scanner UCI
2014: Di Luca parla della bici a Le Iene
2014: I sospetti su Hesjedal alla Vuelta
2015: novità e provvedimenti UCI
2016: Scoperto il primo motorino in una gara professionistica
2016: Toscana Sprint parla di bici truccate / Controllate 90 bici al Giro del Mediterraneo / Il Tour de France non tornerà nel World Tour fino a quando l’UCI non avrà risolto il problema delle bici truccate
2016: A Radiocorsa va in onda la bici dopata
2016: Inchiesta del Corriere e di France 2: sette corridori coinvolti