La notte tra il 24 e il 25 febbraio si decideranno gli Academy Awards 2019. Come ormai avviene da un po’ di anni a questa parte, anche stavolta analizzo per diletto e passione tutti i film in concorso al “Miglior film”, dopo averli visti tutti nel corso degli ultimi mesi. Molti i temi per i film in concorso: si va dai biografici a pellicole storiche in costume, passando per storie originali e cinecomic, oltre a una grande quota che va a due tematiche fondamentali che attraversano trasversalmente le pellicole in concorso: il razzismo e l’uguaglianza/diversità.
La Favorita (10 nomination) – Si parte da “La Favorita” che all’apparenza è la classica storia di intrighi a corte, ambientato nell’Inghilterra di inizio ‘700, impegnata nella guerra contro la Francia. Due giovani donne si contendono il favore della Regina Anna, interpretata da una straordinaria Olivia Colman che ha già vinto il Golden Globe con la sua performance. Oltre ad essere candidata per la miglior attrice protagonista, ci sono anche ben due nomination ad attrice non protagonista che vanno ad Emma Stone e Rachel Weisz. La pellicola offre diverse angolazioni di “lettura” che fanno di quest’opera una “sorpresa” nel mare magno dei film in costume visti negli ultimi anni. Tra il dramma, il grottesco, ma anche il comico, lo storico e il drammatico, il lavoro di Yorgos Lanthimos rischia di portarsi a casa diverse statuette.
Roma (10 nomination) – Alfonso Cuaron ci riprova. Dopo la vittoria nel 2014 per “Gravity”, il regista stavolta arriva con un’opera tutta messicana e tutta originale, in bianco e nero. No, se ve lo state chiedendo “Roma” non si riferisce alle bellezze della nostra città, ma perché il film è ambientato nel quartiere Colonia Roma di Città del Messico e segue le vicende dei membri di una famiglia messicana benestante, in particolare quelle della domestica Cleo (Yalitza Aparicio, la cui interpretazione vale la candidatura a migliore attrice protagonista), per un dramma forte e sconvolgente. È la prima volta che un film distribuito dalla piattaforma Netflix riceve così tante nomination agli Oscar e la distribuzione è stata globale, sia online che al cinema. Il budget è risicatissimo, si parla di soli 15 milioni di dollari circa, ma il lavoro è senza pari. È la classica pellicola da vedere sul grande schermo, per via delle lente inquadrature che caratterizzano la regia di Cuaron, quasi ossessive per la loro ricercatezza e insistenza. Lo stesso regista ha dichiarato quanto questo film sia scolpito nella sua memoria, tanto da attingere ai propri ricordi per metterlo in piedi. Il bianco e nero finisce per non essere un limite, ma paradossalmente un punto di forza tanto da candidare l’opera anche alla migliore fotografia.
A star Is Born (8 nomination) – Tante nomination anche per questo film che vede Bradley Cooper esordire alla regia pur senza rinunciare alla propria prova attoriale, così come Lady Gaga che, per la prima volta, affronta un ruolo cinematografico di rilievo. Due caratteristiche che in origine, a detta di molti, hanno rappresentato una vera scommessa per questa pellicola, ma a conti fatti si può dire che la doppia scommessa sia vinta e superata a pieni voti. Anche se la trama appare semplice, non originale anche per via del remake (il film infatti è il terzo rifacimento tra cinema e musical), scontata e a tratti prevedibile; anche se la storia ha dei punti un po’ forzati e le imperfezioni sono troppo evidenti, la regia di Cooper è abile a mascherare queste magagne che in condizioni normali sarebbero difficilmente trascurabili, trovando il proprio punto di forza non tanto nella mielosa storia d’amore tra i due protagonisti, quanto nel dramma, nel non detto e nel non mostrato. Superba la prova di Lady Gaga e Bradley Cooper dei due personaggi, le cui sfumature sono approfondite e messe in evidenza alla perfezione.
Vice – L’uomo nell’ombra (8 nomination) – Dopo che ne “La grande scommessa” Adam McKay ci aveva mostrato tutti i muscoli di una innovazione registica molto personale, anche in questo film il linguaggio è particolare e non solo la regia, ma anche il montaggio alternato e comparativo mostra delle soluzioni esplicative già sperimentate ai tempi della pellicola di successo del 2015. Riuscire a realizzare una metafora comparando immagini che sembrano non avere nulla a che fare con ciò che si vede, fornendo un quadro chiaro e d’impatto, rappresenta un lampo di genialità. Dopo la “crisi” McKay ci parla del “declino”, con un punto di vista inaspettatamente netto, ma non soggettivo e quasi documentaristico, facendo informazione e spiegando tutto ciò che è ruotato intorno alla figura di Dick Cheney, il tutto dopo uno studio approfondito del personaggio sia da parte dell’attore Christian Bale, sia da parte del regista e di chi ha curato la sceneggiatura. Eppure proprio Christian Bale aveva promesso e poi disatteso alla propria famiglia di non accettare più un film che potesse prevedere una trasformazione fisica così netta, come già era successo in “Luomo senza sonno”, “American Hustle”, “The Fighter” o “Equilibrium”. Bale riesce a convincere non solo con il suo aspetto così fedele a quello di Cheney, ma anche con l’espressività del volto che ne ricalca le caratteristiche più iconiche. Ogni fatto inoltre è fedele alla realtà e il film quasi fonde gli stilemi del documentario con quelli del film biografico creando un sottogenere tutto suo. Si ripropone anche in Vice la parte di un narratore che abbatte costantemente la quarta parete per poi nel finale veder svelato in maniera prorompente il proprio ruolo, quasi sbattuto in faccia allo spettatore.
Black Panther (7 nomination) – Quando ho visto le nomination degli Oscar mi sono sorpreso di vedere Black Panther in lizza per il miglior film. Da amante dei cinecomic ho avuto emozioni forti e questo evento ha una portata storica: un genere che fino a poco tempo fa nemmeno esisteva è oggi per la prima volta candidato al titolo di miglior film. E Black Panther è prima ancora di un ottimo cinecomic un ottimo film. Ciò che rende questa pellicola così speciale non è tanto l’intreccio narrativo e il suo protagonista, quanto l’ambientazione e ciò che si può desumere dal microverso del Wakanda calato all’interno dell’universo Marvel. Sì, il vero protagonista di questo film è proprio il Wakanda, uno Stato caratterizzato alla perfezione. In questo film ci sono elementi sofisticati e di grande acume e profondità, il cui messaggio sociale è molto attuale. Si potrebbe pensare che il fatto di avere quasi la totalità del cast composto di afroamericani sia una risposta alle polemiche hollywoodiane che hanno caratterizzato le ultime edizioni degli Awards e ciò sarebbe un errore: il vero significato che traspare da questo film è quello dell’uguaglianza, che in Wakanda è stata raggiunta, oltre a tante utopie, anche insieme alla parità dei sessi. Il Wakanda però è uno Stato isolato che si nasconde dal resto del mondo e ha sviluppato in segreto una società tecnologicamente più avanzata rispetto agli altri paesi del mondo grazie al vibranio, Inoltre è dominato da anni dall’isolazionismo e dal rifiuto di aiutare altre nazioni. Il taglio nazionalista che si vede, quasi straniante, per una buona fetta del film è evidente, tanto che in molti su Twitter hanno usato anche l’hashtag provocatorio #MakesWakandaGreatAgain avendo ben compreso molte delle stoccate sociali comprese nella pellicola. Non è solo il protagonista a crescere, ma anche lo stesso Wakanda che, alla fine, decide di aprirsi al mondo.
BlacKkKlansman (6 nomination) – E’ tornato Spike Lee e lo ha fatto col botto. Riuscite a immaginare in America un afroamericano che, negli anni settanta, diventa prima poliziotto e poi si infiltra nel Klu Klux Klan? Sembra impossibile vero? Invece è tutto vero e, in questo film biografico tratto da una storia vera con le caratteristiche di una commedia, ma anche del thriller drammatico e poliziesco, funziona tutto alla perfezione. Nel film viene anche utilizzato uno slang molto duro e crudo, con terminologie oggi quasi non più utilizzate, ma molto evocative della violenza verbale con cui venivano e a volte vengono ancora oggi trattati gli afroamericani e non solo. Nel film si gioca molto sulla pericolosità di questo movimento razzista rinato oltre 50 anni fa, anche se per esorcizzarlo vengono usate tinte comiche i cui membri finiscono per essere vere macchiette, canzonate dai protagonisti. Nel finale però emerge la cruda realtà del KKK, utilizzando anche immagini vere della marcia per i diritti civili del 2017 in America con gli stessi veri suprematisti bianchi mostrati in video. Lo stesso vero ex leader del KKK David Duke viene inquadrato mentre strarparla in un discorso e ci vengono mostrate anche le parole del presidente Trump successive a tali avvenimenti.
Bohemian Rhapsody (5 nomination) – Da molto tempo aspettavo il film su Freddie Mercury e sui Queen, in lavorazione da oltre dieci anni. La preoccupazione che potesse essere un brutto film era tanta. D’altronde la pellicola ne aveva passate di tutti i colori tra decine di cambi di sceneggiatori, manciate di registi e anche alcuni attori, incluso lo stesso protagonista. Infatti per il ruolo di Mercury era previsto inizialmente Sasha Baron Cohen prima di Remy Malek. La stessa produzione è cambiata nel corso del tempo ed è stato rischiato più volte il flop per tutti i soldi che sono stati impiegati. Il film però si è rivelato un successo mondiale con oltre 800 milioni di euro di incasso al botteghino, diventando uno dei più importanti dell’anno e una macchina da soldi incredibile. L’opera, della durata di oltre due ore, racconta la genesi dei Queen e il rapporto tra la band e Freddie Mercury, culminato in due momenti chiave della vita dei protagonisti come la creazione del successo senza tempo che dà il titolo alla pellicola, ma anche il Live Aid, momento clou dell’intero lavoro cinematografico. Nonostante diversi difetti come inesattezze storiche e una biografia a tratti non riportata fedelmente o romanzata, il film provoca un effetto nostalgia fortissimo nei confronti di chi ha amato la band inglese. Gli audio originali si mischiano con la resa scenica tanto che Bohemian Rhapsody è anche tornato successivamente al cinema in una versione karaoke. Remy Malek è inquietantemente identico a Freddie Mercury nelle sue movenze e nello studio del personaggio, tanto da meritarsi a pieni voti svariati premi e la candidatura all’Oscar. Commovente il racconto della bisessualità del performer e del suo rapporto con la sua migliore amica. Il momento più alto di tutto il film è però senza dubbio la riproduzione fedele del concerto dei Queen al Live Aid, identico all’originale, in cui il gruppo ha preso in ostaggio il mondo per venti minuti sul palco regalando una perla nella storia della musica. Il film non è incentrato solo sulla figura di Freddie Mercury, ma su quella di tutto il gruppo e, in maniera onesta e delicata, risponde con un’altra domanda a un quesito dei più maligni; a chi chiede infatti chi fossero i Queen senza Freddie Mercury, si può senza dubbio rispondere: Sì, ma senza i Queen chi era Freddie Mercury?
Green Book (5 nomination) – L’ultimo film tra quelli in concorso al “miglior film” è Green Book, la classica pellicola che affronta un vero e proprio viaggio di formazione di due personaggi. Il Road Trip dell’autista italo americano Tony Vallelonga (interpretato da Viggo Mortensen) e dell’artista afroamericano Don Shirley (Interpretato dallo straordinario premio Oscar Mahershala Ali) è fuori dagli schemi e ha una storia inaspettatamente avvincente. Siamo nell’America degli anni ’60 e, in questo film tratto da una storia vera, i due protagonisti devono affrontare un viaggio che li porterà da New York ad attraversare tutto il Sud degli Stati Uniti dove era netta la divisione culturale piena di razzismo che attraversava gli USA. Vallelonga deve infatti proteggere Shirley e tra i due, dai caratteri agli antipodi, nascerà un rapporto molto stretto e commovente, oltre a un’amicizia inizialmente inaspettata. È una grande storia, rappresentata magistralmente e altrettanto ben recitata. I protagonisti finiranno per imparare l’uno dall’altro trovando sé stessi.
ALTRI – Ci sono anche molti altri film in concorso ad altri premi Oscar, non solo quelli per il Miglior Film. C’è ad esempio Il Ritorno di Mary Poppins, il sequel del fortunato film Disney che ha portato a casa ben quattro nomination e che, anche se non restituisce l’atmosfera del primo film, offre molte nuove musiche originali. C’è il dimenticabilissimo film biografico sulla vita di Van Gogh, dalla trama quasi inesistente e la cui unica candidatura agli Oscar è figlia della magistrale interpretazione di Willem Defoe del protagonista. C’è una serratissima lotta nei film di animazione come i seguiti di Ralph Spaccatutto (Ralph Spaccainternet) e de Gli Incredibili (Gli incredibili 2) che se la giocano con la sorpresa Spiderman – Un nuovo universo, che ha finito per essere un grandissimo successo di pubblico e critica. Sono molti insomma i film ad essere usciti dalle nomination principali, ma ad essersi comunque ritagliati uno spazio importante e che meritano di essere recuperati. Per avere una panoramica completa sulle nomination, vi rimando all’elenco del mese scorso.