Da un mese la nostra vita è cambiata. Dalle piccole cose a quelle più importanti. C’è un nemico invisibile, il Coronavirus, che ci sta privando di quella che un tempo era la nostra normalità. Una pizza con gli amici, una passeggiata spensierata per le strade della città, un aperitivo o anche solo il vezzo di andare a fare shopping. E poi lo sport, che non si era mai fermato se non in tempi di guerra. Addio Europei, addio Olimpiadi. Prima gli stadi vuoti, poi ha smesso di rotolare anche il pallone, per ultimo, anche per gli interessi economici che ne derivano. E un po’, ammettiamolo, hanno smesso di battere i nostri cuori. Tutto vero, come la trama di un film. E qualcuno l’aveva anche profetizzato. Non avete mai visto ‘Contagion‘? Fatelo, perché il film di Steven Soderbergh descrive con lucida e incredibile precisione il mondo che ci sta circondando oggi. Ed è una pellicola di 9 anni fa.
A nostro modo siamo testimoni della storia. Io stesso, nel mio piccolo, da scrivere di sport in pianta stabile tutti i giorni, ho cercato di raccontare a mio modo questa pandemia. Intervistando medici e addetti ai lavori, ma anche qualche edicolante, ultimo baluardo dell’informazione, in questi tempi dove soffiano venti pandemici, molto simili a quelli di guerra. Già, perché a pensarci bene lo sport, a cui abbiamo dovuto rinunciare, non si fermava dai due conflitti mondiali. Erano gli anni ’40. Lo apprendevamo dai nostri nonni e forse un giorno lo racconteremo ai nostri nipoti.
Non dimenticherò mai la prima volta che sono uscito per un servizio di cronaca durante questo ‘lockdown’. Una mascherina sul volto e un paio di guanti con cui di solito lavavo i piatti, oggi divenuti incredibilmente strumento indispensabile per la nostra incolumità. Un silenzio assordante tra le strade vuote del centro di Pisa, quasi come se mi ritrovassi catapultato in un film, in una pellicola post apocalittica, in cui la gente si saluta da lontano, in cui il contatto umano è affidato ai social, un surrogato della realtà.
Penso a come sarà questo mondo di domani, un domani probabilmente molto più vicino di quanto pensiamo. Penso alla crisi economica che si sta già abbattendo su di noi. Ascolto parenti e amici, qualcuno di loro in questi giorni dovrà anche fare i patti con la perdita del lavoro, ci sarà anche uno scontro tra chi cercherà di violare le regole per mangiare e chi invece vorrà preservare la salute dei propri cari.
Poi ci sono quelle frasi, quelle parole che sono entrate nella nostra quotidianità, qualcuna entrerà anche nella storia. Contagi. Epidemia. Pandemia. Lockdown. Bollettino. La corsa all’Amuchina. Assembramenti. Paziente zero. Quarantena. Tampone. Distanziamento sociale. Immunità di gregge. “Restiamo distanti oggi, per abbracciarci più forte domani”. La stiamo vivendo sulla nostra pelle.
Molto presto dovremo imparare a conviverci con questo maledetto virus. In realtà lo stiamo già facendo. L’uomo si è sempre adattato per sopravvivere, ma oggi tocca a noi.