“È un gran bel Giro” cantava Paolo Belli, e un gran bel giro è stato. Prima dell’ultima cronometro Jai Hindley e Tao Geoghegan Hart erano appaiati con lo stesso tempo, divisi solo da 86 centesimi di secondo in classifica generale.
Abbiamo ripensato subito tutti a quel Tour de France in cui Greg Lemond riuscì a battere all’ultima crono Laurent Fignon per soli 8 secondi. In una tappa vinta da uno straordinario Filippo Ganna, il nostro campione del mondo a cronometro, al suo quarto centro in questo Giro, alla fine l’ha spuntata in classifica generale il britannico con un distacco finale di 39 secondi in una corsa a tappe di oltre 3000 chilometri. Una menzione d’onore la merita anche Vincenzo Nibali, che ha avuto il coraggio di dire che gli altri andavano più forti di lui. Un professionista che, alla sua età, sa ancora emozionare.
Un mese fa intanto celebravamo Filippo Ganna, fresco campione del mondo a cronometro e orgoglio italiano di un ciclismo nostrano ormai in declino, che non riesce più a produrre i campioni di un tempo. Ganna ha vinto tanto, mostrandosi un vero campione. Al di là delle crono, la prova più bella è stata, senza dubbio alcuno, l’impresa sulla Sila dopo una fuga di 150 chilometri, che è stato anche il primo successo in una corsa in linea per lui. Che strano questo ciclismo autunnale, con il Tour prima del Giro, il Giro che finisce mentre comincia la Vuelta, che finirà a novembre. Ma era l’unico modo di andare avanti e, forse, il ciclismo ha tenuto botta molto meglio di tanti altri sport.
In mezzo a questo giro spettacolare una piccola macchia c’è stata, forse quella della 19esima tappa…
Questo racconta ‘Il giornale di Brescia’:
La 19esima tappa del Giro d’Italia 2020 verrà ricordata per le polemiche. In mattinata succede l’impensabile con vari team che si oppongono a partire da Morbegno, per un totale di 258 km fino ad Asti, a causa delle condizioni climatiche. «Faceva troppo freddo, era rischioso per il sistema immunitario», spiega la maglia rosa Kelderman. Ci va giù pesante invece il direttore dell’edizione numero 103 della Corsa Rosa che comunica nel tardo pomeriggio il serio provvedimento nei confronti di tutti i protagonisti: «Quelli che non volevano correre oggi sono gli stessi che chiedevano lo stipendio qualche mese fa. Oggi i premi non verranno pagati, come minimo. Non è stata una gara. Credo sia da uomini ammettere i propri errori. Bisogna avere l’umiltà di dire se si ha sbagliato», le parole di un furioso Mauro Vegni.
La frazione modificata con partenza ad Abbiategrasso vede trionfare a sorpresa Josef Cerny, corridore della CCC, oscurato da quanto successo qualche ora prima.
Il contraltare? La lettera aperta dei corridori, inviata proprio questo pomeriggio:
Cara famiglia del ciclismo,
in merito a quanto accaduto in occasione della terz’ultima tappa del Giro d’Italia 103 vogliamo spiegare le ragioni della nostra posizione.
Al culmine di una stagione difficile e stressante per tutti, stremati dalle fatiche dei giorni precedenti, in cui avevamo accumulato 15.000 metri di dislivello in 600 chilometri, da aggiungere a trasferte infinite, ricorrenti risvegli all’alba, colazioni consumate sui pullman, con l’assillo di non ammalarci, la preoccupazione crescente per l’emergenza sanitaria che sta vivendo il mondo, i tanti timori per il presente e per il futuro, abbiamo chiesto che una tappa pianeggiante di 258 km fosse accorciata di un centinaio di chilometri.
Non abbiamo avuto paura né della pioggia né del freddo, lo abbiamo dimostrato scalando lo Stelvio a fine ottobre, ma un’ennesima prova di forza alla fine di un Giro logorante e con una pandemia in atto, ha fatto traboccare la goccia delle preoccupazioni per il nostro sistema immunitario e la rabbia per quanta poca cura si presti alla nostra incolumità, facendoci ritenere insensato affrontare 260 km con il maltempo.
Nella tappa Morbegno – Asti abbiamo proposto un compromesso, evitando una protesta che avrebbe avuto conseguenze peggiori per l’immagine della corsa. Probabilmente abbiamo sbagliato i tempi, avremmo dovuto confrontarci prima con l’organizzazione e la giuria, ma finora, ogni volta che lo abbiamo fatto, non siamo stati ascoltati. Nemmeno quando ci sono stati gravi incidenti, quando abbiamo chiesto di valutare a monte i percorsi, le trasferte, gli arrivi e molte altre situazioni che si sono rivelate spesso nefaste per la nostra incolumità.
Ad ogni modo, non vogliamo continuare con le polemiche. Anzi vogliamo essere propositivi e sottolineare come, con la collaborazione tra tutti gli stakeholders, il ciclismo può crescere, anzi deve crescere sia in termini di sicurezza che di spettacolarità.
Noi siamo quelli in prima linea, sempre. Siamo riconoscenti verso chi in quest’anno difficilissimo è riuscito a organizzare le gare e ad allestire squadre, e che insieme ai nostri sforzi e la nostra professionalità ha permesso l’esistenza di una stagione 2020.
Personalmente ci siamo sottoposti a controlli di ogni tipo, abbiamo affrontato trasferimenti e viaggi a rischio della nostra salute e quella dei nostri cari, abbiamo dato sempre il massimo in sella, nonostante transenne volanti e moto che ci sfiorano mentre fatichiamo sulle nostre bici. La fatica e i pensieri si sono accumulati nel nostro animo fino ad esplodere a Morbegno.
Non siamo eroi come qualcuno ci dipinge, ma uomini. Con pregi e difetti, punti di forza e punti deboli. Siamo in pensiero per noi e le nostre famiglie, per quelle dei nostri compagni e lo staff che lavora al nostro fianco.
Siamo felici di essere arrivati a Parigi con il Tour de France, a Milano con il Giro d’Italia, speriamo la Vuelta riesca a raggiungere Madrid in sicurezza e che nel 2021 potremo disputare tutte le corse che sono state rimandate. Dalle più note alle meno famose. Tutte sono preziose per noi e per tutto il movimento, di cui siamo i protagonisti più esposti, nel bene e ne male. Meritiamo ascolto, anche quando diciamo qualcosa che non vi piace.
Grazie per averci ascoltati a Morbegno.
I corridori professionisti e il CPA