Con l’inizio del nuovo anno mi sono lanciato in una nuova avventura: l’apertura della partita Iva. Come giornalista pubblicista, mi sono avvalso dei preziosi consigli del commercialista dott. Luigi Cobisi, a disposizione per tutti i colleghi dell’Odg Toscana.
L’Odg, insieme con l’Associazione Stampa Toscana, ha pubblicato un interessante vademecum: “Giornalisti e lavoro autonomo. Leggi, diritti e tutele”, a disposizione sul sito dell’Odg a questo indirizzo: http://www.odg.toscana.it/content_newsletter/1367936901/VADEMECUM.pdf
Iscriversi alla partita Iva se si è giovani lavoratori (sotto i 35 anni) può essere molto vantaggioso, perché si hanno diverse agevolazioni fiscali iscrivendosi al regime dei minimi. Di seguito condivido qualche estratto del vademecum per l’apertura della partita Iva. Nella prima parte è spiegato come scegliere il codice attività e l’iscrizione alla cassa previdenziale, nella seconda parte la spiegazione di come funziona il regime dei minimi. L’ultimo estratto riguarda alcune domande e risposte utili generiche sul lavoro autonomo. All’interno del vademecum ci sono comunque numerosi altri esempi, spiegazioni e guide per il lavoro autonomo di giornalista.
Estratto 1. Come iniziare un’attività autonoma
Il lavoro autonomo con partita IVA
- Scegliere codice attività
Chi esercita l’attività giornalistica autonoma con partita IVA deve indicare quale codice attività 90.03.01 (attività dei giornalisti indipendenti) all’atto della richiesta. Nei capitoli che seguono le modalità di richiesta.
- Scegliere regime fiscale
Occorre valutare caso per caso. Nelle pagine seguenti sono illustrate le diverse possibilità.
- Iscriversi alla cassa previdenziale
Tutti i giornalisti sono tenuti all’iscrizione all’INPGI sulla base della propria posizione lavorativa. Queste operazioni sono completamente gratuite se effettuate personalmente presso gli enti preposti e con le modalità previste dall’attuale normativa. Se ci si fa aiutare, il costo dipende dalle tariffe praticate dal Centro assistenza fiscale o dal commercialista che effettua le pratiche burocratiche per vostro conto. Presso l’Associazione Stampa Toscana è possibile ricorrere all’assistenza fiscale
per gli iscritti.
Estratto 2. Regime dei minimi
Dal 2012 è possibile fruire di una tassazione sostitutiva di IRPEF, IVA, IRAP pari al 5% dei ricavi. L’agevolazione è fruibile solo per 5 anni o anche per un maggior periodo ma entro il periodo di imposta in cui il contribuente in regime dei minimi compie i 35 anni di età. Deve però trattarsi di un’attività nuova almeno iniziata dopo il 31 dicembre 2007 e non di “mera prosecuzione di altra precedentemente esercitata” salvo non si tratti di periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti e professioni o di collaborazioni. Inoltre abbia percepito ricavi o compensi in misura non superiore a 30mila euro;
- non abbia effettuato cessioni all’esportazione ovvero operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione (di cui agli articoli 7, 8-bis, 9, 71 e 72 del DPR n. 633/1972) – servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, operazioni con lo Stato della Città del Vaticano o con la Repubblica di San Marino).
Inoltre lo stesso contribuente:
- non deve aver sostenuto spese per personale dipendente o per collaboratori
- non deve aver acquistato, anche mediante contratti di appalto e di locazioni,
nei tre anni precedenti a quello di entrata nel regime dei minimi, beni strumentali (beni mobili e immobili) il cui valore superi la somma di Euro 15.000 compresi i canoni di leasing o affitto (immobili compresi).
- non deve avvalersi di regimi speciali di determinazione dell’IVA, quali ad esempio agricoltura e attività connesse, editoria, vendita di sali e tabacchi, intrattenimenti, giochi e altre attività similari, agenzia di viaggi e turismo, rivendita di beni usati ecc.;
- non deve esercitare l’attività di impresa o arte e professione in forma individuale e nel contempo avere una partecipazione in società di persone o associazioni ovvero a società a responsabilità limitata trasparenti.
Estratto 3. Risposte ai dubbi più frequenti
Sono un giornalista e faccio collaborazioni e consulenze non giornalistiche, sono obbligato all’iscrizione alla Gestione Separata?
No, in quanto l’attività svolta non ha carattere giornalistico.
Sono un giornalista che esercita altre attività ma svolgo anche attività giornalistica, come devo comportarmi?
Devi iscriverti alla Gestione Separata, alla quale dovrai versare i contributi soltanto su quella parte di reddito che sia riconducibile ad attività giornalistica autonoma. In sede di comunicazione del reddito alla Gestione Separata dovrai indicare esclusivamente l’ammontare dei compensi riferiti a tale attività.
Oltre all’attività giornalistica, svolgo anche attività di diversa natura, i cui compensi vengono riportati cumulativamente nello stesso quadro e nello stesso rigo della dichiarazione dei redditi (relativa al lavoro autonomo). Come devo comportarmi quando devo comunicare i redditi da assoggettare a contribuzione?
Al momento della compilazione del modello reddituale da compilare on line per la Gestione Separata devi indicare soltanto la parte di reddito derivante dallo svolgimento di attività giornalistica.
Sono un giornalista socio di uno Studio associato all’interno del quale svolgo attività giornalistica, sono tenuto a iscrivermi alla Gestione separata?
Si, perché la tua attività non è considerata di natura imprenditoriale, ma ha vero e proprio carattere professionale autonomo, e in quanto tale è assoggettabile a contribuzione Inpgi.
Sono un giornalista socio di una società (di persone o di capitali) che svolge attività giornalistica, emetto fatture a nome della società e poi a fine anno mi ripartisco gli utili insieme agli altri soci, devo iscrivermi alla Gestione Separata Inpgi?
No, perché i tuoi redditi non sono fiscalmente considerati derivanti da attività autonoma professionale, ma da attività imprenditoriale. Come tali, ai fini contributivi, vanno denunciati all’INPS. Non è da escludere che con le nuove società tra professionisti si possano invece assoggettare a INPGI.
Se un giornalista, socio di una società, emette una fattura o ricevuta di pagamento per il lavoro giornalistico svolto (indipendentemente dalla ripartizione degli utili), deve versare i contributi all’Inpgi su quel reddito?
Si, perché in questo caso il reddito esula dagli utili societari e, anche ai fini fiscali, è riconducibile a reddito da lavoro autonomo.
Sono un giornalista e lavoro in Italia per un committente straniero, sono tenuto ad iscrivermi? Se si, sono tenuto a richiedere anche il 2% al mio committente, per poi versarlo all’Inpgi?
Sì perché, comunque, i redditi derivanti da questa attività sono prodotti in Italia e dichiarati al fisco italiano. In materia previdenziale anche il committente – sebbene straniero – è tenuto al rispetto delle norme vigenti nel Paese in cui il reddito viene prodotto.
Che tipo di contratto si applica per il lavoro autonomo del giornalista?
In ipotesi di lavoro autonomo il giornalista ha due alternative. Può stipulare un contratto di collaborazione con l’azienda e convenire lo stipendio con l’altro contraente, tenendo conto del tipo di lavoro che andrà a svolgere, dell’impegno e del grado di professionalità necessari, etc. In alternativa può richiedere la retribuzione per ogni singola prestazione. Non esistono contratti collettivi. Può valere la regola dell’Equo Compenso.
Ho una serie di collaborazioni, giornalistiche e non, perciò vorrei diventare un free lance a tutti gli effetti (sono iscritto all’Ordine) aprendo anche la partita Iva (regime dei minimi). Qual è il codice di attività da scegliere volendo iscriversi all’Agenzia delle entrate come giornalista freelance?
Il codice attività 900301, che si riferisce ad “Attività dei giornalisti indipendenti”, è quello abitualmente utilizzato in casi come questo.
Ho alcune collaborazioni (uffici stampa e portali internet). Per queste collaborazioni è necessario aprire anche una posizione Inps? In base a questo avrei poi in futuro una doppia pensione (Inps+Inpgi)?
Innanzitutto chiariamo che il lavoro di ufficio stampa è giornalistico. Essendo svolto da un iscritto all’Ordine dei giornalisti, quindi, comporta il versamento dei relativi contributi previdenziali all’Inpgi (Gestione principale per i lavoratori subordinati, Gestione separata per liberi professionisti, autonomi e co.co.co.). Per quanto riguarda il lavoro per i portali internet. se si riferisce a contenuti generici non è giornalistico; se invece si riferisce a notizie, cronaca e articoli di commento è giornalistico, e pertanto vale quanto appena visto per gli uffici stampa. Per i lavori non giornalistici, i relativi contributi previdenziali vanno versati al competente istituto di previdenza: la Gestione separata Inps è l’ente che si occupa di ricevere i contributi delle collaborazioni non professionali. Presso ogni ente verrà maturato un trattamento pensionistico. La legge consente, a determinate condizioni, di richiedere la ricongiunzione o la totalizzazione dei periodi contributivi maturati in diversi Istituti.
Ho aperto la partita Iva per svolgere un lavoro in qualità di assistente regista. Contemporaneamente svolgo prestazioni per alcune riviste settimanali Vorrei sapere, sono soggetto a contribuzione Enpals o Inps? È il caso che fatturi anche le prestazioni ai giornali con la partita Iva e se sì, in che modo?
Faccio notare che ho la partita Iva per le nuove imprenditorie giovanili. Enpals è stato assorbito dall’Inps ed è diventato una gestione autonoma all’interno di quell’Ente previdenziale. Per ogni informazione, quindi, occorre rivolgersi all’ufficio Inps competente. Per quanto riguarda le collaborazioni giornalistiche, che comportano il versamento di contributi all’Inpgi 2, non è obbligatoria l’apertura della partita Iva. Se si tratta di collaborazioni saltuarie svolte con ritenuta d’acconto oppure di collaborazioni giornalistiche svolte con la formula della cessione del diritto d’autore, l’onere dell’iscrizione all’Inpgi 2 e del versamento dei contributi spetta al giornalista. Se si tratta di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, iscrizione all’Inpgi 2 e versamento dei contributi sono a carico del committente.
Quali sono i tempi di pagamento previsti per i contratti di collaborazione, se non sono specificatamente indicati nel contratto?
Nei rapporti autonomi, come la collaborazione coordinata e continuativa, i tempi di pagamento sono stabiliti in accordo tra le parti. Se non vi è l’accordo, si può chiedere l’applicazione del Dlgs. n. 249 del 2002, che prevede, trascorsi 30 giorni, il diritto alla corresponsione di interessi.
Un editore mi ha proposto un contratto a progetto, è accettabile se non c’è nessun progetto e devo lavorare tutte le settimane? Ad altri colleghi ha proposto un contratto di collaborazione occasionale, ma si può fare per i giornalisti?
Il contratto a progetto non può essere stipulato con lavoratori iscritti ad un albo professionale, come i giornalisti (art. 61 Dlgs. 276/2003). Il contratto di collaborazione occasionale si stipula anche con i giornalisti.
Ho collaborato per circa un anno per un giornale come cronista di nera e giudiziaria, ma avevo un contratto di collaborazione occasionale. Era regolare o potevo chiedere qualcos’altro?
Non si può rispondere perché dipende dalle modalità di esecuzione del rapporto. Se lo stesso, nei fatti, era subordinato, il contratto di collaborazione non era da considerarsi legittimo.
Da mesi ho cominciato a collaborare con una testata, ma ancora non ho visto alcun contratto o lettera di incarico. Cosa devo fare?
Se il lavoro, nei fatti, è subordinato, vi è il diritto di agire in giudizio per il riconoscimento di ciò, con ogni conseguenza relativa (retribuzione, contributi, ecc.). Se il lavoro è realmente autonomo, non vi sono mezzi per obbligare il committente a stipulare un contratto.
Si può obbligare un’azienda a convertire un contratto di lavoro a progetto in rapporto subordinato se, al di là della certificazione, il lavoro era svolto in forma subordinata?
La subordinazione si può sempre accertare, a prescindere dalla forme dei contratti di lavoro scritti dalle parte. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, la legge Biagi ha introdotto l’istituto della certificazione, da ultimo modificato dal cosiddetto Collegato lavoro. Le parti possono ora ottenere la certificazione di tutti i contratti in cui sia dedotta una prestazione di lavoro secondo una particolare procedura. La certificazione, entro certi limiti, vincola il giudice sia nella qualificazione del contratto di lavoro, sia nell’interpretazione delle relative clausole.
Un giornale mi offre una co.co.co. ma vogliono l’esclusiva. Possono farlo? E quanto dovrebbero pagarmi se posso lavorare solo per loro?
Il co.co.co è un contratto autonomo ed in esso possono essere inserite tutte le clausole volute dalle parti. È evidente che se, nei fatti, vi è la subordinazione, l’obbligo di esclusiva in esso inserito è un ulteriore indice della medesima.
L’editore può ridurmi unilateralmente i compensi? E allora a cosa serve l’accordo firmato? Posso fare causa?
I compensi, una volta scritti nel contratto di collaborazione, non possono essere unilateralmente ridotti. Se ciò avviene si può agire in giudizio.
Un giornale mi ha proposto un contratto di collaborazione, posso richiederne una copia perché la possa fare vedere alla mia Associazione di stampa?
Tutti hanno diritto ad avere, prima della firma, una copia di qualsiasi contratto.
Un’azienda mi propone un contratto ma pretende una lettera di dimissioni in bianco. Come posso difendermi? Se accetto, come faccio a dimostrare che ho subito un’imposizione?
È questo un grave mal costume. Il consiglio è di non accettare mai questa imposizione, anche perché è poi quasi impossibile dimostrare tutto questo in giudizio.
Da mesi non ricevo più il compenso, nonostante le mie continue richieste, cosa devo fare per farmi pagare?
Se il lavoro è subordinato, si può agire con la richiesta di un decreto ingiuntivo. Se il lavoro è svolto in regime di collaborazione coordinata e continuativa, si può ugualmente richiedere un decreto ingiuntivo, ma solo se vi è la prova scritta delle prestazioni effettuate e dell’importo (generalmente scritto sul contratto) che non è stato pagato.
In bocca al lupo. E’ un mondo a me sconosciuto, facci sapere come va!
Grazie per le info sono molto chiare. Il mio dubbio che, che vorrei fugare prima di presentare la domanda ad un impiegato inps magari non del tutto affidabile , è quale delle due caselle dedicate sul modulo di richiesta ai regimi agevolati si deve spuntare , o altrimenti come si deve indicare, per essere sicuri la scelta del regime dei minimi ? Grazie in anticipo per l’aiuto .
Pietro
Ciao, posso chiederti delle delucidazioni riguardi alla questione “portali online” e testate giornalistiche?
Prego
Buonasera, un giornalista radiotelevisivo di 42 anni, assunto a tempo indeterminato con contratto +24 aeranticorallo part time 60%, puo’ aprire una partita iva (regime minimi) per svolgere attività di ufficio stampa per una società calcistica? se sì, come dovrà regolarsi con l’inpgi? altrimenti quale formula è consigliata se si superano i 5mila euro di corrispettivo.
grazie
Sfortunatamente temo lei non possa usufruire del regime dei minimi dato che il limite massimo di età, requisito fondamentale per il prolungamento di questa particolare fascia, è di 35 anni.
Salve sono una giornalista pubblicista di 28 anni, ho fondato un sitoweb e vorrei registrarlo presso un tribunale per farne una rivista, cosa mi conviene fare, non ci capisco granché. Grazie.
Qui ci sono alcune informazioni utili: http://brunosaetta.it/giornalismo/testata-editoriale-e-giornale-online.html
Un altro sito interessante è questo http://www.giornalepartiteiva.it/
se ha bisogno di qualcosa di più specifico non esiti a farmelo sapere
buongiorno,
sono una pubblicista di 45 anni, iscritta all’ordine, ma per necessità svolgo altro presso un’azienda che commercia con l’estero, con contratto part time da dipendente a tempo indeterminato. Ora mi propongono metà tempo sulla mia abituale attività (regime inps) e metà come ufficio stampa. Mi conviene mantenere il rapporto di dipendenza, o gestirlo con partita iva? A livello contributivo il part time non mi garantisce comunque dei versamenti significativi e forse sarebbe vantaggioso scaricare delle spese. Per le ore lavorate come ufficio stampa l’attuale contratto si modificherebbe in contratto giornalistico e in questo rientra anche il pagamento della casagit, o è a discrezione del datore? Quali vantaggi avrei come dipendente, se l’azienda chiudesse?
Grazie. Bellissimo sito.
Buonasera
aprirò una partita iva per svolgere lavoro autonomo giornalistico (ho un contratto di collaborazione con una rivista). Posso intestare alla stessa partita iva un sito internet di contenuto informativo generico, ai fini di fatturare la relativa pubblicità che avrò nel sito ?
Grazie
Piero Libro
ho qualche dubbio perché per siti internet e comunque tutto ciò che è di contenuto editoriale (gestione di pubblicità inclusa) ci vorrebbe una specifica partita iva. Io proverei a fare una telefonata all’ODG, sicuramente sapranno consigliare meglio nel caso specifico
Avendo aperto un blog di stampo sportivo, e con qualche possibilità d’inserire qualche sponsor, dovrei munirmi di Partita IVA, ma quanto costa il tutto? E soprattutto a passaggio burocratico avvenuto dovrò annualmente dimsotrare e pagare una cifrò all’ O.D.G. gestione separata, al quale sono iscritto. Cosa e come dovrò presentare le eventuali fatture dei possibili sponsor?
Grazie e saluti.
Roberto Genova
Salve,
ho aperto la P.IVA con regime dei minimi nel settembre 2014. Prima di allora ho lavorato con contratto di lavoro dipendente (gennaio ad agosto 2014). In sede di dichiarazione dei redditi, visto che beneficio di un credito rispetto alla dichiarazione 730/2014 (redditi 2013) non dovrò pagare nulla di saldo giusto? Le tasse da pagare quest’anno prevederanno solo l’acconto 2015?
Grazie mille
Buongiorno,
Nella previsione di svolgere l’attività di ufficio stampa e di collaborazione con alcuni periodici, anche al fine di conseguire i requisiti per accedere all’albo dei giornalisti, mi chiedo se le regole siano differenti per chi non è ancora iscritto all’albo, soprattutto in merito alla gestione previdenziale.
Ringrazio per l’aiuto.
Cari colleghi,
scrivo per segnalare una pesante, e anomala, prassi fiscale applicata dal nostro Istituto di previdenza, che tartassa l’una tantum della Gestione Separata, cioè la restituzione in capitale dei contributi versati all’Inpgi2 nel caso non si sia raggiunto il diritto ad una pensione autonoma in quella gestione (20 anni di versamenti). In breve: i contributi rimborsati senza rivalutazione e la piccola quota di interessi compensativi prevista vengono sottoposti a tassazione integrale Irpef nell’anno del pagamento anziché a tassazione separata, con un aggravio di almeno il 10 per cento. Un vero salasso per molti pubblicisti autonomi che in quel gruzzoletto trovano il magro risultato di anni di lavoro minimale sottopagato; ed anche per tanti colleghi professionisti, compresi tutti gli amministratori pro tempore all’Inpgi che hanno versato alla Gestione Separata i contributi su gettoni o emolumenti vari.
Questo trattamento avviene in base al fumoso parere di un dirigente dell’Agenzia delle Entrate fornito in risposta ad un quesito dell’ex presidente Camporese. Ma sembra in contrasto sia con quanto prevedono le istruzioni per la dichiarazione Irpef e l’art. 17 comma 1 lettera n/bis del Tuir , sia con quanto affermano varie sedi locali dell’Agenzia delle Entrate, sia con autorevoli interventi da me trovati sul web, come il Parere della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro del 15/04/2010 n. 13 allegato in copia, che giudica “pacifica” la tassazione separata e offre ipotesi diverse soltanto per la quota interessi.
In sintesi: le somme detratte in precedenza dalla denuncia dei redditi e poi rimborsate vanno certo tassate; ma poiché rappresentano un “reddito” formatosi in più anni, magari anche lontani – come avviene ad esempio per il Tfr, oppure per la ex fissa ¬¬- devono essere senza dubbio sottoposte a tassazione separata.
L’errore, a mio avviso, sta nel definire – come fa l’Inpgi – “indennità sostitutiva della pensione” quello che è invece stato deliberato dall’Istituto come semplice rimborso. In seguito a segnalazioni ricevute come Fiduciario, avevo già segnalato l’anno scorso la questione alla presidente Macelloni, senza però ricevere alcun cenno di risposta. Ora la segnalo al vento, sperando che qualche consigliere Inpgi in attività abbia voglia di far sua la battaglia.
Roberto Reale
Torino
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ALLEGATO 1
Parere Fondazione Studi Consulenti del Lavoro 15/04/2010, n. 13
Al vaglio della Fondazione Studi è stata sottoposta l’ipotesi del rimborso da parte della Cassa previdenziale di settore dei versati dall’iscritto che non abbia raggiunto il minimo per la liquidazione del corrispondente trattamento pensionistico. In particolare, oggetto di disanima è stato il corretto trattamento fiscale da applicare alle somme rimborsate all’iscritto e costituite, in prevalenza dai contributi versati e non dovuti e in parte dagli interessi attivi maturati sulle somme non dovute.
Se è pacifico l’assoggettamento a tassazione separata dell’ammontare dei contributi rimborsati dalla Cassa, più controversa è la questione della tassazione o meno degli interessi attivi correlati. Ed in effetti non si tratta di una questione di poco conto, considerando, come si dirà meglio più avanti, che emergerebbero dalle disposizioni fiscali vigenti in materia delle incoerenze, peraltro mai oggetto di esame in sede ministeriale o giurisprudenziale.
In merito alla tassazione dei contributi rimborsati, è previsto che i contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori (versati in ottemperanza di obblighi di legge) nonché volontari (versati facoltativamente), devono essere indicati in aumento del reddito complessivo tassabile, qualora successivamente rimborsati, nella dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta in cui il contribuente ha incassato le somme a rimborso. Ciò in quanto gli stessi contributi costituiscono oneri deducibili dal reddito imponibile, anche sostenuti per i familiari fiscalmente a carico.
In particolare, nel rigo RM8 del modello UNICO Persone fisiche 2010 devono essere indicate le somme incassate nell’anno 2009 a titolo di sgravio, rimborso o restituzione di oneri già dedotti dal reddito complessivo o per i quali si è fruito di detrazioni nei precedenti periodi d’imposta.
Quanto agli interessi corrisposti dalla Cassa contestualmente al rimborso delle somme già incamerate, si tratta di interessi compensativi, in quanto hanno la funzione risarcitoria di reintegrazione di una perdita patrimoniale per la mancata disponibilità di somme pagate ma non dovute.
Secondo le nuove disposizioni fiscali in vigore dal 1° gennaio 2004, gli interessi compensativi e di mora sono da assoggettare a tassazione ed esclusivamente in relazione alla categoria di reddito della quale ne costituiscono un accessorio. Gli interessi compensativi vanno tenuti distinti rispetto agli interessi di mora, che invece maturano dalla costituzione in mora del debitore.
Secondo un orientamento espresso in passato dal Ministero delle Finanze, gli interessi compensativi sono da ricomprendere nell’ambito dei redditi di capitale. Diverso invece il parere espresso dal Comitato scientifico della Fondazione Studi, secondo il quale gli interessi compensativi, in quanto di mera reintegrazione di una perdita patrimoniale, non debbano avere natura reddituale e pertanto non debbono concorrere alla formazione del reddito del contribuente e non ne costituiscono neppure degli accessori dello stesso. Per logica e coerenza delle pretese dell’Erario, il prelievo fiscale sugli interessi compensativi (e di mora) considerati “tassabili” dovrebbe essere controbilanciata dalla deducibilità fiscale della corrispondente perdita patrimoniale, misura ad oggi non contemplata.
Tale è l’autorevole orientamento della categoria che, per completezza, sottolinea come le disposizioni del Decreto di riforma dell’IRES in materia non sono state ancora oggetto di argomentazioni in specifiche pronunce ministeriali né giurisprudenziali.
Riferimenti: DPR n. 917/1986, artt. 6 e 10, co. 1, lett. e) e art. 17, co. 1, lett. n-bis); Circolare Ministero delle Finanze 22 dicembre 1980, n. 40; Cass. Civ. 12 febbraio 2010, n. 3397; Cass. Civ. 4 febbraio 2004, n. 2087.
Read more: http://www.studiocassone.it/news/contributi-dedotti-rimborsati-e-tassazione-fiscale#ixzz4VvtJSNJr
ALLEGATO 2
Istruzioni fiscali per la dichiarazione dei redditi
Nella dichiarazione dei redditi i contribuenti hanno la possibilità di fruire del beneficio fiscale della deduzione o detrazione di oneri, a condizione che tali spese siano effettivamente sostenute nel periodo di imposta di riferimento (seguendo il criterio di cassa) e che sia rimasto effettivamente a carico del contribuente. Tuttavia, non di rado accade che le spese dedotte e/o detratte siano rimborsate in periodi di imposta successivi rispetto a quelli nel corso del quale la spesa è stata sostenuta. Questo comporta per il contribuente l’assoggettamento a tassazione separata degli oneri rimborsati (vedi Tuir, art.17 comma 1 lettera n/bis).
Gentile Sig. Bufalino,
grazie per i suoi contenuti davvero molto utili.
Posso chiederle gentilmente se, avendo 51 anni e volendo aprire la partita IVA come giornalista pubblicista indipendente, mi consiglia:
“Il codice attività 900301″?
Grazie,
porgo,
Cordiali Saluti,
Angelo Lo Curto
Sì, può essere una valida soluzione.