Gli
unici interventi documentati
nella cappella risalgono al
1892, eseguiti da Cosimo
Conti e Dario Chini. Nel
restauro eseguito da Cosimo
Conti e Dario Chini sono
stati rinvenuti gli
affreschi che erano stati
imbiancati con una
scialbatura in calce nel
secolo diciassettesimo. Le
notizie storiche riferiscono
che il Conti restaura le
parti figurative degli
affreschi utilizzando un
metodo conservativo. Poi,
forse negli anni Quaranta, e
infine dopo l’alluvione del
1966, per mano di Leonetto
Tintori tra il ’67 e il ’68
per ricoprire i rifacimenti
ottocenteschi e in modo da
lasciar visibile solo le
parti degli affreschi
originali. Nel 2004 gli
affreschi hanno presentato
un offuscamento dovuto alle
polveri ed è stato
necessario un intervento di
pulitura. Il restauro è
stato affidato alla ditta
Arc di Amedeo e Alessio
Lepri coadiuvati nei rilievi
dall’architetto Alessandra
Lepri.
Il restauro del 2004.
L’inizio dei lavori è datato
30/10/04 mentre la fine
dell’intervento al
19/11/2004. Queste le
principali operazioni:
-
Spolveratura accurata
-
fermatura
preventiva (se la
pellicola presenta
sollevamenti di grosse
se medie entità)
-
pulitura
-
de-salanizzazzione
-
diffusione
-
stoccatura
-
restauro
pittorico.
L’intervento è consistito
nella fermatura preventiva
delle superfici che
presentavano sollevamenti,
nel consolidamento
dell’intonaco pittorico ove
erano presenti fenomeni di
distaccamento dall’arriccio
o dal supporto murario,
nella pulitura con impacchi
di carta giapponese imbevuti
di acqua demineralizzata e
leggerissima soluzione di
carbonato d’ammonio a basse
percentuali. Dove necessario
è stata eseguita la
desalinizzazione per
eliminare i sali presenti
nell’affresco e sono state
rimosse solo stuccature
alteratesi dei precedenti
restauri.
Il restauro pittorico è
consistito nell’integrazione
cromatica delle microlacune
e di alcune limitate lacune
di maggiore estensione. In
linea di principio sono
state rispettate le
precedenti integrazioni. Si
è dunque eseguito un
generale riordino estetico.
Si è riscoperta la fascia
decorativa dell’arcone di
accesso alla cappella che in
un intervento di gusto
purista del Novecento era
stata coperta da una
tinteggiatura.
Importante è stata la
campagna di indagini
conoscitive per indagare a
fondo le tecniche esecutive
del Ghirlandaio e le sue
modalità di lavoro, svolte
dal Laboratorio
dell’Opificio delle Pietre
Dure (Giuseppe Laquale per
le indagini preliminari, il
chimico Giancarlo Lanterna e
Thierry Radelet per la
riflettografia): oltre
all’individuazione dei vari
pigmenti e materiali,
riconosciuti con indagine a
fluorescenza x e con
riflettografia mutispettrale,
alla comprensione dei vari
ritocchi eseguiti a secco e
delle lumeggiature a
missione è stato possibile
distinguere le diverse
“giornate”, scoprendo i
lunghi tempi e la
meticolosità del Ghirlandaio
nel dipingere i ritratti più
importanti, due o anche solo
uno alla volta, con tratti
di colore sottili e
sovrapposti, con la
costruzione del volto
tramite lo spolvero e
l’utilizzo di linee
prospettiche: il che
significa che la scena dei
funerali, dove sono
trentasei figure, è stata
dipinta in trentasei
“giornate” con interventi
separati di stesura del
colore. È stata infine
realizzata un’immagine
virtuale del ciclo
affrescato, che aveva molte
più dorature e anche altri
colori che ora, alterati, si
presentano col rosso cupo
del “morellone” di
preparazione.
Abbiamo ritrovato anche una
nuova relazione, assai
recente e databile 2005-2006
sulla pulitura delle foglie
d’oro nelle cornici,
dorature, contorni. In
questo ultimo lavoro sono
stati ripuliti questi
particolari. A chi si chiede
come è stato possibile, con
così pochi interventi e così
mirati mantenere la cappella
in queste condizioni di
quasi perfezione risponde il
bibliotecario della chiesa
di Santa Trinità che spiega:
“È conservato bene perché
sopra la cappella non ha
accanto finestre né altro. È
ben riparato e l’unico
ostico nemico è stato la
polvere”.
M. M. Simari,
Presentazione del restauro
degli affreschi di Domenico
del Ghirlandaio nella
Cappella Sassetti, Firenze.